Detta fu la fine, la fine, si chiamò per nome.
La ricorrenza dei sogni.
Bitume in fase rem.
Poltiglia d’aculei di Gilgamesh.
Vi sarà capitato anche a voi, di sognare e perdere i sensi tra il simbolico e l’immaginario.
Incudini irreali.
Ed i sogni nella repressione che ne conferiamo durante il sonno compresso, rappresentano la svogliatezza(pornografia) del riesumare le ripetizioni immaginarie.
E dai sogni c’è l’ineguagliabile trasporto alla realtà (o viceversa?) degli odori.
E per ogni sogno che termina(ma non finisce) il sogno stesso muore dentro la non-fine di se stesso.
Per questo si trasformano in sogni ri-correnti.
Fine della fine, come la morte Beniana, ovvero la morte della morte, la più complice ed ambigua dipendenza dalla morte è la morte stessa. Muore la morte, d’altronde nessuna vita nasce per tornare indietro(origine).
Ed in queste notti che i miei sogni immaginari ed (ir)reali mi legano a questa reale mutua d’auto assistenza, incomprensibile per me, in quest’adiacenza tra reale ed immaginario che mi stordisce e lambisce il cilindro del mio equilibrio, mi ritrovo accovacciato tra il letto ed il risveglio.
Le mura supersoniche dell’incubazione di quest’incubi, pari al risveglio sono talmente reali e lucide da conferirmi l’autorità di protagonista di queste due vite perennemente insonni o perennemente sognanti.
Ed in fondo a tutto questo, mi rimane il significato di quel che vivo nell’intensità dei due mondi.
La sopravvalutazione dell’immaginario e la non-accettazione del reale.
Avevo la sicurezza(reale) di essere e non solo di rappresentare l’uomo che sapeva amare per l’amore che gli veniva offerto.
Ho trovato l’ipocentro di questo disguido, di questa dipendenza affettiva, di questo abbandono e del rifiuto del mio corpo.
Tutto è sedimentato. Tutto è stato scatenato.
Il mio corpo sedimento del mio abbandono.
Il mio corpo rifiuto del mio abbandono.
Il mio corpo, ascesa dell’incomprensione e della non percezione della mia potenza.
Ed ho scelto ed ho voluto un’esperienza che mi portasse a tutto questo.
L’errore e l’orrore come miscela per il mio veleno.
Adesso in pieno risveglio, ho ripreso i miei sogni ed ho iniziato a de-costruirli e decostituirli.
L’immaginario è molto più doloroso del reale. E’ un mattatoio odierno di recriminazioni.
La “demolizione” di tutto questo è appena iniziata.
Dal dimenticare alla cancellazione come volontà, come resurrezione di quel che ho vissuto, redenzione per far diventare l’esperienza vissuta nel reale, divinità innominabile.(dimenticatoio)
Divinità.
Per ricordarti in questa divinità e renderti quel che in questo reale non sarai mai.
Più di questo al mio essere-quello-che-sono, non so che altro chiedere in risoluzione di questa faccenda davvero dis-umana.