Detta fu la fine, la fine, si chiamò per nome.
Galleggio nel silenzio di questa casa, dove i muri nebulizzano silenzi, risuonando nel rimbombìo dei miei passi, schiavi striscianti di piccoli sorsi di Syrah, di questo pasteggiare con la mia golosità di vivere fino a morirti sul cuore. Pensieri divini divanizzati. L’inferno sarebbe un posto perfetto per cercarti. Ma per ogni inferno esiste un paradiso. Serve un estremo sacrificio per lasciarlo, per arrivare in fondo alle viscere della terra. Serve una vocazione, un’estrema solidarietà. L’amore come la vanità ormai non esiste più. Ma ormai sono liquido, fatto d’acqua negli occhi, e polvere di polmoni. Liquido di sale, emulsionato d’anima. Liquido ed acido astrale, acquosità imperfetta. Liquido e goccia che lama il percorso fino a morire sul sapore di labbra socchiuse. Liquido, umido odore d’essenza e marea indefinita di silenzi acquiescienti, acqua che muore in vapore che nuvola il ricordo.
Al di là dei sogni. Al di là dei ricordi.
Ognuno è esattamente nel posto in cui non si sarebbe voluto trovare senza contare l’altro.
Al di là dei sogni, oggi, non scenderei più verso l’inferno se non che, per asciugarmi i piedi in questo camminare liquido.