Detta fu la fine, la fine, si chiamò per nome.
Pubblicato il 03/04/2014 da Leo Di Barlom
Io non ho una barba.
Io SONO la mia barba.
Me ne strafotto dell’etica dell’estetismo condominiale. Me ne strafotto del pensiero clericale da pulizia visagistica.
Me ne frego del complesso d’inferiorità da piumaggio umano, ovvero, meglio col cespuglio che implume. Farsi la barba è come fare l’amore. E io non voglio fare l’amore, io voglio scopare e fottere.
Me ne strafrego se il bianco sul mento sfuma, in compenso non ho un capello bianco, alla faccia dei 40enni che si fanno i colpi di luna in stile sale e pepe.
Si io SONO la mia barba, che non si arroga il diritto di essere mia con il verbo avere ma di essere nell’avermi con il verbo essere, e l’ontologia da due soldi (che mio padre comprò alla fiera dell’est), mi disgusta e che certi soldatini da minuteria filosofica se la tengano pure per sè.
Io SONO la mia barba e che la barba sia con me. La barba, la barba Leo! Si, la mia barba, se ne sta lì in mostra col suo “mosso”, e ringrazia la grazia dei capelli lunghi e raccolti, e che ogni sera un Nazareno si specchia prima di dormire, tanto mi somiglio Lui.
Che la barba sia con me, che la barba mi salvi dal liscio anguilla profumato al dopobarba, puzzo antico d’armadio ottocentesco.
Che la barba mi conservi dentro i rigagnoli delle rughe, e che mi salvi dai riflessi della lama.
Niente barba, niente Leo, prendere E lasciare. Si, mi dovete lasciare qui, ad ondeggiare tra le mie dita dentro al firmamento che va dalla basetta al collo, piccoli spicchi ricciolosi di pelo morbido ma consistente.
Me ne fotto e non m’importa.
I gusti son per quelli che non hanno scelta, per questo, non mi avrete mai.
Alla barba vostra!
Sorrisi.
plauso all’uomo barbuto
"Mi piace""Mi piace"
Sorriso.
"Mi piace""Mi piace"