Detta fu la fine, la fine, si chiamò per nome.
Respiro la poltiglia di quelle ore umide. Umide e luride ansie che coccolano il mio senso estetico, il mio senso etico, e la mia ipossica ipocrisia sul passato. Passato come un giorno assassino, come un giorno sgualcito tra gli ossidi invernali dove la pioggia è un giorno intero. Intero come la metà di questo doppio che mi rappresenta, la coagulazione di me stesso. Me stesso che è vomito di un ubriaco col passo sbilenco. Sbilenco sguardo riflesso, osservatorio maniacale di questa attesa. Attesa di questo ospite che vive tra un po’ più in là di questo posto e dentro. Dentro di me c’è questa attesa.
L’ospite è indeciso . Si suppone venga da un posto sconosciuto.
L’ospite non pare abbia una fama particolare. Nessuno lo teme ma il dubbio suscita sempre ambiguità.
L’ospite è un silenzioso nottambulo dove presta servizio come sogno nelle notti di primavera.
L’ospite vuol capire e comprendere come me chi meglio dei due può essere l’ospite gradito.
Respiro la poltiglia di queste ore e trattengo il respiro per più tempo possibile. Me lo ha insegnato l’ospite, per farmi capire quale sia la sua paura più grande.
Bentornato…certo non mi aspettavo tornaste in “due”.
🙂
ciao
.marta
"Mi piace"Piace a 1 persona
Ciao Marta, bentrovata ‘:)
Cerco di divincolarmi tra doppi e ospiti di me stesso.
‘:)
A presto!
"Mi piace"Piace a 1 persona
Capisco la situazione…anche “noi” siamo un bel gruppo
"Mi piace""Mi piace"