Il teatro sul tuo parquet


A te si giunge solo attraverso di te (Pedro Salinas)

A te si giunge solo
attraverso di te. Ti aspetto.

Io certo so dove sono,
la mia città, la strada,
il nome con cui tutti mi chiamano.
Ma non so dove sono stato con te.
Lì mi hai portato tu.

Come
potevo imparare il cammino
se non guardavo altro
che te,
se il cammino erano i tuoi passi,
e il suo termine l’istante che tu ti fermasti?
Cosa ancora poteva esserci oltre a te
offerta, che mi guardavi?

Ma ora,
quale esilio,
che assenza essere dove si è!
Aspetto, passano treni,
il caso, gli sguardi.
Mi condurrebbero forse
dove mai sono stato.
Ma io non voglio i cieli nuovi.
Voglio stare dove sono già stato.
Con te, tornare.
Quale immensa novità
tornare ancora,
ripetere, mai uguale,
quello stupore infinito!

E finchè tu non verrai
io rimarrò alle soglie
dei voli, dei sogni,
delle scie, immobile.
Perchè so che là dove sono stato
nè ali, nè ruote, nè vele
conducono.
Hanno tutte smarrito il cammino.
Perchè so che là dove sono stato
si giunge solo
con te, attraverso di te.

Le tavole del teatro son cavalloni di Iroko liscio, facili da cavalcare per un furfante della maschera come me, e le mie maschere non calpestano mai l’asfalto se non per accompagnarmi, ne si posano l’una sull’altra. Sono una dentro l’altra, contenute e contenitore, e sul tuo parquet sguscio le migliori per difendermi dentro al mio di guscio. La tua piccozza fatta di smorfie e sguardi incrina ogni volta questo guscio, che in realtà è troppo morbido, e i colpi secchi ci affondano e forse una lama sarebbe più adatta per squarciarne la placenta. Oltre un anno fa arrivai spaventato più da me stesso che dal dolore, e da lì è seguito un percorso, un viaggio nelle mie incrinature, nei gorghi e nei posti bui, siamo passati da paesaggi maestosi attraverso il mondo delle nostre parole al mondo dei tuoi sguardi parlanti. Potrei mentire a tutti fino ad arrivare a me stesso, ma non ti nascondo, ma nemmeno parlo di me e di te.

In buona sostanza non parlo di me. Sarebbe raccontarmi mentre adesso vorrei essere raccontato.

Il viaggio è un’intimità funzionale al risultato, e io so quanto ho curato me stesso conoscendoti. Sai talmente molto di me che a volte ho quasi l’impressione che tu conosca anche il mio futuro, che disdegno tanto fino ad averlo contemplato come inesistente, dove l’ho disegnato nella mia teoria Aion esclusa dal Kronos e da tutti i merletti dei ricordi.

Salinas credo abbia visto nell’essenza l’empatia.

E l’unica certezza che ho del futuro è racchiusa in questa poesia.

4 commenti su “Il teatro sul tuo parquet

Lascia un commento